Qui Massimo Lerose. A voi il ritratto di Riccardo Carboni.
In nessuna arte quanto nel cinema è vera la seguente affermazione: il lavoro di tutti è fondamentale. Se per il teatro è in parte vero, nel cinema è una sacrosanta verità. E se il pubblico è inevitabilmente attratto dagli attori, coloro che vedono sullo schermo, e solo i più attenti sono attratti dal regista e, in maniera minore, dagli sceneggiatori, cioè coloro che creano storie, personaggi e ambienti, quasi nessuno è interessato a chi lavora nell’ombra e, in questo caso, nel silenzio.
L’esempio di Riccardo, fonico e tecnico audio, è lampante: il pubblico è così abituato a sentir parlare gli attori, ad ascoltare i rumori di sottofondo, che si dimentica che dietro quel “miracolo” ci sia un deus ex machina; chi lavora sul set, o ha avuto la fortuna di farlo, sa che sotto quelle cuffie e quello sguardo perso nel vuoto alla ricerca della limpidezza dell’etere si nasconde un uomo paziente, attento, scrupoloso, vigile: così noi che abbiamo lavorato sul set di MASTRILLI abbiamo visto Riccardo, professionista integerrimo, timido già di suo, ma aiutato da un lavoro che, ovviamente, ti costringe nel silenzio.
E Riccardo non si è nemmeno risparmiato quando alcune scene non prevedevano il suono; si è messo a disposizione caricando e scaricando l’ormai famoso furgone di Massimiliano, montando e smontando il Louma, andando avanti e indietro instancabilmente, avvolto nei suoi silenzi e nei suoi sorrisi che ci hanno accompagnato in questa avventura.